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E se invece il gin fosse italiano?

Nell’immaginario collettivo associamo spesso il gin alla cultura inglese concedendo erroneamente agli amici nord-europei il merito di averlo concepito per come lo conosciamo oggi. È un errore molto comune infatti pensare che il gin sia una bevanda generata dalla tradizione europea e che l’Italia durante la creazione di questo spirito non abbia dato il suo contributo.

La classica storia del gin

In tutti i testi e le riviste scritte fino ad oggi viene riportata la seguente storia sul gin: quella classica.

È il 1266 quando è stato scritto, dall’olandese Jacob van Maerlant, il più antico testo pervenuto ad oggi in materia di gin. Lo storico fiammingo, riportando alcuni rimedi per lo stomaco e l’intestino, proponeva un intruglio di vino cotto con le bacche di ginepro.
Dopodiché, soltanto parecchi secoli dopo, e più precisamente al 1614, compaiono altri testi ufficiali, ben più rilevanti, come quello di Fransiskus Sylvius de Bouve in cui viene descritto un metodo per creare un olio essenziale di ginepro che mescolato con alcol crea un diuretico a basso costo.


L’evento più iconico in cui si comincia a parlare distillato di ginepro vero e proprio avviene durante la guerra dei trent’anni (1624/1629) che vede le truppe inglesi e olandesi combattere fianco a fianco. In quell’occasione i britannici incontrano per la prima volta questa bevanda, chiamata “Genever”, che gli alleati assumevano prima di entrare nel campo di battaglia e rinominata, in seguito, “Dutch Courage“.
Al termine della guerra questo elisir venne adottato, commercializzato e sostenuto dal governo inglese che, grazie anche alle sue rotte commerciali e all’influenza che deteneva in quel periodo storico, ne divenne il maggior promotore mondiale.


nuovi studi

Nonostante le negli ultimi anni c’è stato un cambio di prospettiva sulla reale origine del prodotto per come lo conosciamo oggi. Studi come quello di Fulvio Piccinino (barman, ricercatore e formatore di fama internazionale) mirano infatti ad attribuire una paternità italiana a questo distillato. Grazie al suo impegno infatti, sono stati portati alla luce testi risalenti al XVI secolo che riscrivono il corso della storia.

Presupponendo che quello proposto da van Maerlant sia più un beverone che un proto-gin, sono emerse realtà molto più interessanti presenti in alcuni testi italiani, rinvenuti anche alla Scuola Medica di Salerno, che anticipano più di mezzo secolo la formale nascita del famoso distillato. 
Primo tra tutti è il testo di Pietro Andrea Mattioli risalente al 1544 in cui si parla già di olii al ginepro. La combinazione di questi ultimi con acquaviti distillate arriva undici anni dopo, nel 1555 con le pubblicazioni di Alessio Piemontese nel “De’ Secreti”. 
In questo libro viene descritto passo-passo il procedimento per ottenere un “liquore” del tutto simile al concetto di gin moderno. Questa preparazione infatti prevede come aroma principe quello del ginepro ottenuto dalla sua distillazione. In questo modo si otteneva un prodotto idroalcolico trasparente. Tuttavia terminati questo passaggi la ricetta ci porta fuoristrada da quello che oggi noi consideriamo gin. Infatti la ricetta prevedeva un’aggiunta di miele, zucchero e rugiada creando di fatto un liquore corroborante e dolce. 

Negli anni successivi sempre più scrittori italiani pubblicheranno testi su questo prodotto approfondendone gli studi.
La bevanda pubblicata nel “De secreti” (come quelle proposte nelle pubblicazioni successive) viene concepita con lo scopo di “conservare la sanità, liberare e sanare ogni malanno del corpo umano” in un periodo in cui in Europa tergiversavano epidemie di peste. 
Riconoscendo la precocità della scoperta italiana l’obiettivo di Fulvio è anche quello di dimostrare come dall’Italia si diffuse la cultura per questo tipo di preparazione, trasportata, presumibilmente, dalla scia di contagi e morte che la peste lasciava alle sue spalle.

Il gin in Italia è una cosa seria

Nonostante gli sforzi prove certe che confermano l’origine italiana di questo prodotto, ad oggi, non sono state ritrovate. In ogni caso rimangono prove sufficienti che attestano che in quel periodo la conoscenza del ginepro era encomiabile e che il fenomeno gin, che tutti noi conosciamo oggi, non è un semplice inseguimento di una moda ma è frutto di una conoscenza italiana che ha forti radici nel nostro territorio.